In questa #mapparoma parliamo del sistema istituzionale a Roma di accoglienza per persone migranti e senza dimora, gestito da enti del terzo settore finanziati dal Dipartimento politiche sociali di Roma Capitale. Dopo le mappe su case popolari e Airbnb, continuiamo la collaborazione con altri studiosi di Roma, con l’obiettivo di allargare l’ambito delle nostre osservazioni a temi di grande attualità e interesse per la città. Qui lo facciamo grazie ai dati e alle elaborazioni di Alessandro Radicchi, fondatore di Binario 95 e ideatore della piattaforma informatica Anthology©, realizzata assieme alla cooperativa sociale di cui è presidente, la Europe Consulting Onlus e direttore dell’Osservatorio nazionale della solidarietà nelle stazioni italiane.
Oggetto della nostra analisi sono i cosiddetti “invisibili”: le persone in stato di disagio sociale e quelle senza dimora, ancora più a rischio durante la pandemia del COVID-19 che stiamo vivendo. La nostra attenzione è focalizzata sui servizi convenzionati con Roma Capitale, desunti sulla base di delibere e determine relative agli affidamenti per i servizi convenzionati, e da alcune informazioni specifiche recuperate direttamente dai colloqui con i referenti dei servizi. La parte più analitica è stata invece realizzata in collaborazione con l’Osservatorio cittadino sulle marginalità sociali di Roma Capitale, un servizio della Europe Consulting Onlus finanziato dal Comune e basato sulla piattaforma informatica Anthology©, dal 2015 in uso alla Direzione accoglienza e inclusione.
Per i servizi rivolti alle persone senza dimora e migranti, nel marzo 2020 risultano essere presenti a Roma 26 enti del terzo settore (associazioni o cooperative sociali) operanti in convenzione con il Dipartimento politiche sociali di Roma Capitale, che erogano 84 servizi diversi. Di questi sono 36 i servizi rivolti a persone senza dimora coordinati dalla Sala operativa sociale (SOS) di Roma Capitale, suddivisi in servizi cosiddetti a bassa soglia comprendenti doccia o ristoro (H4), servizi diurni (H9), servizi notturni (H15), servizi aperti tutto il giorno (H24) e centri per mamme con bambini (CMB). A questi si aggiungono i servizi del circuito per migranti SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati, ex SPRAR) realizzati con fondi del Ministero dell’Interno ma coordinati dall’Ufficio immigrazione di Roma Capitale e quelli del circuito detto cittadino per migranti che non hanno i requisiti di legge per essere accolti nel SIPROIMI.
A fine marzo 2020 il totale dei posti di accoglienza messi a disposizione da tutto il circuito è di 3084 posti, suddivisi in 43 servizi per 1533 posti per il circuito SIPROIMI, 5 servizi per 288 posti per il circuito cittadino per migranti, 6 servizi per 164 posti per i nuclei mamme con bambini (CMB), 12 servizi per 587 posti per i servizi H15 e 12 servizi per 299 posti per i servizi H24. A questi si aggiungono 65 posti diurni erogati da 2 servizi a bassa soglia (H4) e 148 posti diurni erogati da 4 servizi diurni (H9).
Ai servizi di accoglienza il comune di Roma ne affianca altri di contatto o di supporto per persone fragili o bisognose. Ad esempio, le otto unità di strada (di cui sei diurne e due notturne) della SOS che girano la città 24 ore al giorno rispondendo, tramite il numero verde 800 440022, alle chiamate dei cittadini o delle stesse persone bisognose; oppure le mense della Caritas a via Marsala, Colle Oppio e Ostia, di Sant’Egidio a Trastevere, del Centro Astalli a piazza Venezia e del Don Calabria a Primavalle. È importante anche l’attività dei due sportelli di ascolto e orientamento sociale, l’Help Center alla stazione Termini in via di Porta San Lorenzo 5 e lo sportello per le povertà estreme (SPPE) a Trastevere. Si aggiungono poi alcuni servizi, quali la consegna dei pasti a domicilio o gli interventi di supporto per le persone che vivono in condizione di barbonismo domestico. Per le persone migranti, in particolare, molte delle attività istituzionali vengono offerte tramite l’Ufficio immigrazione di Roma Capitale (assistenza legale, corsi di formazione professionale o di italiano, mediazione culturale), uno sportello istituzionale sito in via Assisi, che lavora in sinergia con il Servizio centrale, istituito dal Ministero dell’Interno e affidato all’ANCI, e che ricopre il ruolo di coordinamento e consulenza verso servizi speciali di accoglienza attivati nell’ambito del SIPROIMI.
Tutti questi servizi, è bene ricordarlo, operano in convenzione con Roma Capitale e in particolare con la Direzione accoglienza e inclusione del Dipartimento politiche sociali. Pertanto è importante chiarire che la loro geografia spaziale e temporale è piuttosto variabile, in quanto legata alle singole convenzioni operanti anche in funzione della stagione dell’anno o di emergenze climatiche o sanitarie in atto. I servizi vengono infatti convenzionalmente divisi dall’Osservatorio cittadino sulle marginalità sociali in servizi ordinari (operanti in genere durante tutto l’arco dell’anno) ed emergenziali, dove per emergenza si considera un livello prevedibile di attivazione (emergenza gialla) quali ad esempio il caldo e il freddo che arriva ogni anno e richiede il rafforzamento di alcuni servizi di accoglienza, e un livello non prevedibile (emergenza rossa) che viene attivato ad esempio in caso di fenomeni atmosferici inaspettati come la neve, le alluvioni o in caso di particolari emergenze sanitarie come appunto quella del COVID-19.
Al momento della “fotografia” riportata in questa analisi (fine marzo 2020) eravamo in prossimità della fine del “piano freddo” (emergenza climatica stagionale gialla) ma in piena emergenza COVID-19 (emergenza sanitaria rossa). Sebbene alcune strutture di accoglienza dedicate fossero state attivate già ad inizio marzo 2020 lo sforzo maggiore fatto dall’Amministrazione è stato quello di prorogare tutti i centri del “piano freddo” nell’ottica di garantire una continuità di accoglienza. Inoltre, a fronte del blocco delle nuove accoglienze dovuto alla tutela sanitaria sia nel circuito per migranti che in quelle per persone senza dimora di trasformare alcuni centri H15 in H24, sia attraverso convenzioni specifiche che attraverso l’integrazione per gli stessi di convenzioni aggiuntive per servizi diurni (H9) che si sono andati ad affiancare alle preesistenti convenzioni H15. Contestualmente quei centri diurni H4 o H9 che non potevano garantire anche un’accoglienza notturna sono stati per lo più chiusi.
Se andiamo quindi ad analizzare a maggio 2020 gli stessi servizi presi in esame due mesi prima, troviamo una configurazione leggermente diversa senza un aumento dei posti di accoglienza notturni (d’altronde le accoglienze erano bloccate quindi nuovi posti ordinari non sarebbero stati utili). Tuttavia il saldo positivo di 70 posti nei servizi diurni evidenzia un sostanziale aumento delle ore di permanenza nei centri a disposizione degli ospiti, appunto per fare fronte per quanto possibile all’indicazione dei vari DPCM di permanere nella stessa struttura, sebbene ovviamente non la si possa chiamare “casa”.
Nonostante questo sforzo, permane però un altro problema: sia nella fase 1 dell’emergenza sia all’inizio di questa fase 2, sebbene siano stati attivati dall’Amministrazione protocolli con alcune strutture sanitarie, non sono state ancora definite procedure chiare di controllo sanitario per permettere la ri-accoglienza delle persone nei centri tramite uno screening (tampone o analisi sierologica) in grado di assicurare la negatività al COVID-19. Bisogna anche considerare il fatto che molte delle persone presenti nei centri, in particolare chi ha problemi psicologici o psichiatrici gravi (il 9,3% secondo l’indagine Istat 2014), dopo due mesi di “lockdown” fa fatica a rimanere nella stessa struttura, e spesso esce e non torna la notte a dormire, precludendosi così la possibilità, per gli obblighi sanitari, di rientrare nel centro il giorno dopo. Per l’assenza di strutture alternative dove poter gestire cautelativamente una quarantena, e per l’impossibilità dei centri di accogliere nuove persone o di riaccogliere quelle che escono anche per una sola notte, siamo giunti a una situazione di stallo. Questo va a minare la già scarsa ricettività del circuito per persone migranti o senza dimora di Roma Capitale. In pratica chi è dentro può uscire ma non può rientrare e chi è fuori resta fuori.
L’Istat, nella sua indagine del 2014 basata sulle persone che hanno usufruito dei servizi di mensa e accoglienza, ha stimato essere presenti a Roma 7.800 persone senza dimora. L’Osservatorio cittadino sulle marginalità sociali, sulla base delle analisi della piattaforma Anthology, ha contato nel 2019 ben 21.000 persone diverse che si sono rivolte ai servizi per migranti afferenti all’Ufficio immigrazione o a quelli per persone senza dimora della Sala operativa sociale.
A fronte di una capacità di accoglienza notturna totale di circa 3.000 posti, se ne escludiamo 1.500 dedicati al circuito SIPROIMI e 164 dedicati ai nuclei mamme con bambini, restano 1.174 posti compresi i 288 per migranti non accoglibili nel sistema SIPROIMI. Certo esiste un circuito parallelo all’amministrazione, quello cosiddetto informale, delle parrocchie o delle associazioni che non lavorano in convenzione con Roma Capitale e che, ad una stima approssimativa può arrivare ad aggiungere saltuariamente e senza possibilità di monitoraggio 200-300 posti, facendo quindi abbassare il numero di persone che hanno bisogno di un posto dove dormire, ma rimaniamo sempre attorno alle 20.000 in cerca di un posto letto. Questo significa che ogni 20 persone che sono in strada, a una sola può capitare la fortuna di ricevere un’accoglienza istituzionale, e in questo periodo, dove i centri si stanno svuotando ma non hanno la possibilità di riempirsi, rischiamo che questa possibilità non sia data neanche a quella persona.
AUTori
Keti Lelo, Salvatore Monni, Alessandro Radicchi, Federico Tomassi
Foto di copertina Binario 95 | Le immagini della città chiusa: invisibili che diventano visibili
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